Montecosaro: mostra “La fabbrica della morte di Hitler” per la Giornata della Memoria
Il Comune di Montecosaro e il CENTRO STUDI MONTECOSARESI con il patrocinio di Regione Marche, della Provincia di Macerata e la collaborazione dell’ANCR, in occasione della Giornata della Memoria del 27 Gennaio, presentano la mostra “La fabbrica della morte di Hitler”, di cui mandiamo l’INVITO e il comunicato stampa.
Il giorno 28 Gennaio, presso il Teatro delle Logge, alle ore 16 si terrà un incontro aperto al pubblico in cui interverranno i curatori, ad illustrare le ragioni della mostra, dedicata alla memoria di tutti coloro che furono perseguitati, ed a sottolineare l’attualità e l’importanza di una riflessione e di un impegno civile e culturale verso momenti della Storia che pur con risvolti diversi, tornano ad affacciarsi nel nostro quotidiano.
La mostra, allestita nelle sala Colonna del Palazzo Comunale rimarrà aperta al pubblico fino all’11 Febbraio 2023.
PROGRAMMA
Montecosaro – Mostra “La fabbrica della morte di Hitler”
Sabato 28 gennaio 2023
ore 16.00 Teatro delle Logge
PRESENTAZIONE MOSTRA
di foto, documenti e oggetti originali “La fabbrica della morte di Hitler”
Interverranno:
Luca Cimarosa, curatore della mostra, storico, collezionista e direttore del Museo delle due Guerre di Loro Piceno,
Vito Carlo Mancino studioso della Shoah, collaboratore di “Progetto Memoria-CDEC” e Operatore di Diritto Internazionale Umanitario.
ore 17.00 Palazzo Comunale
INAUGURAZIONE MOSTRA
che resterà aperta sino a sabato 11 febbraio 2023 secondo i seguenti orari:
mattino: 10.00-12.00
pomeriggio: 15.00-18.00
Sabato 11 febbraio 2023
ore 16.00 Teatro delle Logge
VIAGGIO VIRTUALE AD AUSCHWITZ
A cura di Vito Carlo Mancino
studioso della Shoah, collaboratore di “Progetto Memoria-CDEC” e Operatore di Diritto Internazionale Umanitario.
INGRESSO LIBERO
Info:
Comune di Montecosaro tel. 0733 560731 info@comune.montecosaro.mc.it
Centro Studi Montecosaresi tel. 333 9190642 studimontecosaresi@libero.it
Alcuni contributi sulla Mostra a Montecosaro
I concetti di “storia” e di ‘memoria’ sono intuitivamente diversi, ma quando in pratica si parla di fatti di un passato abbastanza vicino – che abbiamo visto in prima persona o attraverso altre persone – finiscono spesso per avvicinarsi e confondersi. Tenerli distinti per mezzo di una piccola riflessione è importante per ragioni diverse. La storia la scrivono gli storici.
La storia, si dice, la scrivono i vincitori. Ma questo è un adagio da correggere: la storia la scrivono gli storici, almeno nel nostro orizzonte in cui la scienza è libera e libero ne è l’insegnamento. La storia è una disciplina del sapere, in cui si confronta una vasta comunità di specialisti indipendenti (e spesso agguerriti) che sottostà alle ferree regole delle scienze. Le ricostruzioni dei fatti sono portate avanti fra studiosi con quel rigore, quel contraddittorio e quella ampia e minuziosa cognizione che si trova in un dibattimento processuale: a partire dalle domande che ci portano a interrogare il passato, si reperiscono fonti di prova, si incrociano, confrontano e vagliano, e con gli elementi di prova che ne emergono si interpreta una ricostruzione che dovrà reggere al giudizio – del giudice o dei pari.
Certo gli approdi del dibattimento storico (così come quelli del dibattimento processuale) non sono una verità assoluta. Se questi si svolgono correttamente, sono però approdi relativamente solidi – che possono arrivare all’oltre ogni ragionevole dubbio. Dimostrazioni e falsificazioni storiche seguono procedure tetragone, non si fanno con la propria idea ma nemmeno con la propria testimonianza. Qui entra la memoria.
La storia che viviamo, la memoria che portiamo.
La storia, a differenza di altre discipline, riguarda le vicissitudini delle nostre vite e di quelle di chi ci ha preceduto, e ricostruisce e interpreta fatti che hanno toccato noi, la nostra famiglia, persone che abbiamo conosciuto. Può capitare, quindi, che se l’esperienza personale o familiare o riportata da gente nota non collima con gli approdi storici, non si sia ben disposti a dar loro credito. Sei un testimone in un processo e riferisci quello che sai di aver visto, e poi il processo giunge a una conclusione che in qualche modo sminuisce o non accoglie il tuo contributo, puoi pensare che i risultati del processo siano distorti. Anche se invece, solo, tengono conto di una realtà più ampia, articolata e complessa di quella che hai vissuto.
Allora perché si parla di “giornata della memoria” e non di una “giornata della storia” in cui raccogliere le iniziative volte alla rievocazione di alcuni dei più terrificanti, desolanti orrori mai avvenuti nell’esperienza della nostra specie?
Commemorare insieme per ricordare da soli
Perché la storia, che ha sviscerato i fatti in maniera meticolosa, ha una dimensione pubblica. La memoria è una questione intima. La memoria personale, famigliare, cittadina, la memoria storica non è una disciplina. Consiste nel modo in cui ci portiamo dentro, come singoli o come gruppi, esperienze del passato. E commemorare vuol dire cercare di conservare insieme un ricordo condiviso come singoli e come gruppi che ci faccia tenere una certa rotta. La disciplina storica non basta: con divulgazioni e commemorazioni, per avere impatti del genere, deve farsi memoria anche per chi non ha vissuto in prima né in seconda persona quei crimini.
Si parla di “giorno della memoria” perché la storia ha una dimensione tutta pubblica e, pur nella passione che la muove, spassionata; mentre è di una dimensione privata, intima e insieme condivisa, che c’è bisogno perché l’avvenuto sia irripetibile.
Per questa forza preservatrice e per il suo impegno giornaliero nel ricercare e commemorare la storia, ringraziamo il CENTRO STUDI MONTECORSARESI e chi lo compone. Ringraziamo chi con passione e competenza ha dato voce alla storia e alla memoria che sempre più spesso rischiano di perdersi tra i meandri del tornaconto di uno o dell’altro schieramento.
Reano Malaisi
Sindaco di Montecosaro
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale che si celebra il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto.
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. (L. n.211/2000).
Con lo stesso spirito il CENTRO STUDI MONTECOSARESI, con il patrocinio di Regione Marche, Provincia di Macerata, Comune di Montecosaro e l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, vuol celebrare degnamente questa ricorrenza con questa mostra di foto dal forte impatto visivo, sui campi di sterminio nazisti, con documenti, oggetti originali e pezzi unici, curata da Luca Cimarosa, direttore del museo delle due guerre di Loro Piceno e da Vito Carlo Mancino, studioso della Shoah, collaboratore di “Progetto Memoria-CDEC” e Operatore di Diritto Internazionale Umanitario. A loro, a quanti hanno collaborato, ai giovani e a tutti i visitatori va il nostro più profondo e sentito ringraziamento nella consapevolezza che a volte sia meno grave rischiare di scuotere piuttosto che dimenticare.
Fabrizio Quattrini
Presidente Centro Studi Montecosaresi
Sono anni che studio e raccolgo fotografie, documentazione ed oggetti riguardanti l’incredibile tragedia dell’“olocausto”.
Oggi, “Giorno della Memoria” e a 78 anni dalla fine dell’immane sterminio che ha trascinato tra gli ingranaggi di quella perfetta ed efficiente “fabbrica della morte di Hitler”, milioni di persone quali: ebrei, prigionieri politici, criminali professionisti, emigranti, studiosi della Bibbia (testimoni di Geova), omosessuali, coloro che non avevano voglia di lavorare (dagli zingari a i semplici disadattati), portatori di handicap, ecc., ho reso pubblico quanto ho raccolto allo scopo di far “ricordare e riflettere” in merito agli orrori compiuti.
Le foto agghiaccianti, provenienti dagli Stati Uniti d’America, dalla Gran Bretagna, dal Canada e dalla Polonia, sono tutte originali e sono state scattate sia da Organi Ufficiali Militari che da semplici soldati che hanno partecipato alla liberazione dei campi di sterminio, a titolo puramente personale.
Analizzando le fotografie è facilmente intuibile il nome dato alla mostra ed è talmente esplicito e ben organizzato l’agghiacciante iter produttivo posto in essere dalla “fabbrica”, ovvero: la sede operativa (il campo di sterminio), l’ingresso della materia prima (gli internati) e la prima selezione tra abili e non, la lavorazione (i cadaveri provenienti dalle camere a gas) ed infine il prodotto finito (i resti della cremazione).
È’ esposto, oltre a documentazione cartacea (una scheda identificativa di un prigioniero e una toccante lettera scritta da un ebreo internato ad Auschwitz, con la traduzione dal tedesco) anche il famoso “sapone RIF” descritto da Simon Wiesenthal come “prodotto con i cadaveri degli ebrei”.
Luca Cimarosa
Curatore della mostra