CERIMONIA DI CONSEGNA DELLE MEDAGLIE D’ONORE AI FAMILIARI DEGLI INTERNATI MILITARI ITALIANI
La mattina del 27 gennaio 2025, nella Sala del Consiglio della Provincia di Macerata, si è tenuta una solenne commemorazione in ricordo dei reduci dai campi di concentramento e lavoro coatto nazisti, in occasione del Giorno della Memoria. L’evento ha visto il conferimento di medaglie d’onore ai familiari di quattro sopravvissuti, Internati Militari Italiani (IMI) deportati dopo l’8 settembre 1943 e costretti al lavoro forzato nei lager nazisti. Una cerimonia dal forte impatto emotivo, che ha posto al centro il dovere di ricordare e trasmettere alle nuove generazioni l’importanza della legalità, dei diritti umani e della responsabilità civile.L’intervento del Prefetto Fusiello
Ad aprire la cerimonia è stata Isabella Fusiello, Prefetto di Macerata, la quale ha sottolineato come ogni anno il Giorno della Memoria rappresenti un momento fondamentale per fermarsi e riflettere sugli orrori del secolo scorso. Ha evidenziato come certe idee, “che hanno avvelenato i popoli”, abbiano condotto alle atrocità dei campi di sterminio. Citando Hannah Arendt e il concetto della “banalità del male”, il Prefetto ha rimarcato:
“Non hanno sentito la responsabilità di ciò che facevano perché non hanno pensato. E la linea che distingue il bene dal male è il pensiero.”
Fusiello ha quindi concluso con un appello alla vita attiva e al dialogo, quali unici antidoti contro il meccanismo per cui “l’illecito diventa ordinario e quindi più facile da compiere”.
I saluti delle Istituzioni
Il Presidente della Provincia di Macerata, Sandro Parcaroli, ha ricordato la legge che, nel 2000, ha istituito il Giorno della Memoria. A 80 anni dalla liberazione, ha sottolineato come pochi siano i testimoni ancora in vita, ribadendo l’importanza di educare i giovani ai principi di legalità e di tutela dei diritti umani, per evitare che tragedie simili possano ripetersi.
Il Rettore dell’Università di Macerata, John McCourt, ha parlato della profondità del ricordo, menzionando le parole di Edith Bruck:
Secondo McCourt, la memoria dev’essere un impegno concreto che leghi le generazioni: i totalitarismi non nascono da grandi eventi, ma da piccoli passi, dall’indifferenza e dal silenzio. Ricordare, quindi, è una scelta di responsabilità e di consapevolezza collettiva.“Non possiamo cancellare il passato.”
Il contributo delle Associazioni Combattentistiche
Mauro Radici, rappresentante dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, ha portato il saluto di tutte le associazioni d’arma, sottolineando come gli internati militari e i combattenti abbiano vissuto “l’umiliazione dell’annientamento dell’identità” nei campi di concentramento. Ha definito le medaglie d’onore conferite dal Prefetto come “più di un riconoscimento”, bensì un monito a costruire una nuova socialità, in cui la memoria non venga mai ignorata.
La consegna delle medaglie
In questo contesto, quattro sopravvissuti ai campi di prigionia — militari italiani catturati e deportati in Germania — sono stati ricordati dai loro familiari, che hanno ritirato le medaglie d’onore.
- Giuseppe Pesaresi: internato militare in Germania, la figlia Ernestina ha ricevuto la medaglia dall’assessore di Morrovalle, Mauro Baldassarri.
- Giuseppe Ciccola: anch’egli prigioniero in Germania, onorato con la consegna della medaglia da parte del sindaco di Montecosaro, Lorella Cardinali, al figlio Nerio.
- Arturo Pierdominici: militare internato in Germania, riconoscimento ritirato dal figlio Cesare Pierdominici, consegnato dal sindaco di Camerino, Roberto Lucarelli.
- Tomassino Teodori: prigioniero di guerra, la medaglia è stata consegnata dal sindaco di Appignano, Mariano Calamita, al figlio Giovanni Teodori.
Le testimonianze dei familiari
Giovanni Teodori, figlio di Tomassino, ha condiviso il suo percorso di scoperta:
“Sapevo solo che mio padre era stato prigioniero; non sapevo perché. Era un carabiniere fedele al re. Sto cercando di capire dove fosse in Germania, dove lavorasse. Lui non ci ha mai raccontato nulla, se non qualche parola in tedesco ogni tanto.”
Nerio Ciccola, figlio di Giuseppe, morto nel 1959 a pochi anni dal rientro dalla prigionia, ha ricordato la riservatezza con cui il padre e i suoi compagni affrontavano i ricordi del lager:
“Mio padre faceva il falegname nel campo. L’ho conosciuto troppo poco, avevo sei anni. Ho cercato di capire qualcosa dai suoi amici, ma non si parlava di quegli anni di prigionia.”
L’impegno a non dimenticare
La cerimonia si è conclusa con la consegna degli attestati di benemerenza dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci da parte del Presidente della Federazione Provinciale di Macerata Albino Mataloni e il ringraziamento da parte delle istituzioni a tutti coloro che hanno partecipato, ricordando quanti sacrifici siano stati compiuti dagli IMI — spesso dimenticati persino nelle narrazioni ufficiali. Un momento di raccoglimento, dunque, ma soprattutto di rinnovo dell’impegno collettivo a trasmettere alle future generazioni la memoria di quanto accaduto. Perché, come è stato più volte ribadito, “Se ignoriamo la memoria, ci condanniamo all’indifferenza e all’errore.”
La giornata si è così chiusa con uno sguardo rivolto al futuro, confidando nella forza di questa testimonianza condivisa, affinché le atrocità del passato non possano mai più ripetersi.