Giornata della Memoria 2025 – Intervento del Prefetto di Macerata

Giornata della Memoria 2025, - intervento del Prefetto di Macerata Isabella Fusiello in occasione della cerimonia di conferimento delle medaglie d'onore ai familiari degli Internati Militari Italiani

Rivolgo un saluto al Presidente della Provincia, Sandro Parcaroli, al Magnifico rettore, John MC Court, ai rappresentanti delle Forze dell’ordine, a tutti i presenti e a quanti stanno seguendo questo momento di memoria.


Ogni anno, il Giorno della Memoria, istituito con legge nel 2000, ci sollecita a ricordare, a testimoniare e a meditare sui tragici avvenimenti che attraversarono e colpirono l’Europa nella prima metà del secolo scorso, il Novecento; definito, da alcuni storici, non senza ragione, come «il secolo degli Stermini.»


Lo facciamo, sempre, con l’animo colmo di angoscia e di riprovazione. Gli anni che sono passati da quegli eventi luttuosi, infatti, non attenuano il senso di sconforto, di vuoto esistenziale, di pena sconfinata per le vittime innocenti che si prova di fronte alla mostruosità del sistema di sterminio di massa – degli ebrei e di altri gruppi considerati indegni di vivere – pianificato e organizzato dal nazismo hitleriano e dai suoi complici in Europa.


Il sistema di Auschwitz e dei campi ad esso collegati fu l’estrema, ma diretta e ineluttabile, conseguenza di pulsioni antistoriche e antiscientifiche, di istinti brutali, di pregiudizi, di dottrine perniciose, di gretti interessi, e persino di conformismi di moda.


Tossine letali, quali. razzismo, nazionalismo aggressivo e guerrafondaio, autoritarismo, culto del capo, divinizzazione dello Stato, che circolarono, fin dai primi anni del secolo scorso, dalle università ai salotti, persino tra artisti e scienziati, avvelenando i popoli, offuscando le menti, rendendo aridi cuori e sentimenti.


Dinnanzi al senso di infinita atrocità che ciascuno di noi avverte, se rivolge il pensiero all’olocausto, è compito, credo, delle istituzioni e di tutti i cittadini soffermarsi, interrompere il tempo della quotidianetà, e pensare.


Le parole spese da Hannah Arendt, filosofa politica ebrea, nel suo lavoro “La banalità del male” richiamano l’attenzione di tutti, Rappresentanti del governo sul territorio, sindaci, autorità politiche, cittadini.


“Non era che un’azione banale, un’azione ordinaria, banale ed ordinaria. Talmente banale da divenire brutale senza nemmeno accorgersene”. Cosi Hannah Arendt riporta le azioni descritte da Adolf Eichmann, gerarca nazista condotto in processo a Gerusalemme, nel 1961, il quale dinnanzi all’attonito giudice afferma di non avere sentito la responsabilità, di non avere capito di compiere il male, perché non aveva pensato.


E noi sappiamo che la linea che divide il bene dal male esiste soltanto se esiste il pensiero, un pensiero vigile e critico. L’ascolto dei resoconti del processo ad Fichmann non ci lascia scampo, ci costringe a pensare a tutte quelle azioni compiute anche oggi, atroci si, ma vissute come banali, ordinarie.


La giornata della memoria è stata istituita dalla Risoluzione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite sul ricordo dell’Olocausto, con cui si richiamano gli Stati membri a sviluppare programmi educativi -come già richiesto dall’UNESCO – per accrescere la consapevolezza delle future generazioni e prevenire cosi atti di tale atrocità. La scelta del 27 gennaio vuole ricordare il giorno in cui, nel 1945, le truppe sovietiche, arrivarono dresso la città di Auschwitz e rivelarono così – “disvelarono”, avrebbe detto la Arendt – la atrocità del genocidio nazista degli ebrei. Il Parlamento italiano nel 2000 con la legge “Istituzione del Giorno della Memoria” afferma: “La Repubblica
italiana riconosce il Giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz “Giorno della Memoria” al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), e leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, degli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.


La rimembranza (l’atto del ricordo) getta un polo fra l’ieri e l’oggi, e fa di ogni male compiuto un orrore di ora e di sempre. Il male ha bisogno dell’oblio e del silenzio per ripetersi.


In una società, come quella in cui ancora oggi persiste il rischio di non discernere le azioni che ledono l’ordine pubblico, che sovvertono le regole del vivere civile anche se talvolta in modo discreto e sotterraneo, e deturpano l’immagine della dignità dell’Uomo.


C’è un meccanismo perverso che vediamo in atto nella realtà di tutti i giorni. Un comportamento illecito che viene reiterato silenziosamente, senza smascheramento, senza divenire pubblico, senza essere chiamato con il suo nome, “illecito”, diventa ordinario, quindi normale, quindi banale e in quanto tale più facile da compiere in modo automatico, come per abitudine.


Solo il dialogo, il confronto, la discussione, solo la vita attiva, l’identità creata nel rapporto dialettico con l’altro possono spezzare la catena, atroce perché silenziosa, di quella prigione che è il silenzio del male: “Per la conferma della mia identità io dipendo interamente dagli altri; ed è la grande grazia della compagnia che rifà del solitario un <tutto intero>” afferma Arendt ne “Le Origini del totalitarismo”. La morte della democrazia risiede nel momento in cui i cittadini si trasformano in individui per i quali la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più. E, pertanto, non
esiste più la differenza fra bene e male.


È per questo che il giorno della memoria ci coinvolge tutti, istituzioni e cittadini. Ci esorta a riflettere sul passato, per progettare meglio il nostro futuro. Non ci sarebbe progetto di vita comune senza la capacità di ricordare. Non è un caso se per i greci la parola che indica la verità sia quella che nega l’oblio. Dire la verità è ricordare, sollevare dal nascondimento.


Riaffermiamo dunque, dinnanzi ad ogni forma di male, di illegalità, di violenza alla dignità umana, la volontà ad una vita attiva, consapevole, e per questo forte, dove i cittadini, tutti noi, i nostri figli, possano esercitare quella preziosa capacità che è la libertà dal male dettata dal pensiero.
E noi tutti sappiamo quanto oggi nella nostra Nazione, nella nostra Regione e nella nostra Provincia sia indispensabile esercitare il nostro pensiero per riconoscere e combattere, senza paura, ingiustizie ed illegalità per conservare a pieno la nostra dignità di uomini e di cittadini contro chi, con protervia e cattiveria nel proprio esclusivo interesse, nel buio dei loro covi o alla luce delle loro eleganti stanze,
vuole appropriarsi, soprattutto a scapito dei più giovani, del presente e del futuro.


Ricordiamolo: da ciascuno di noi, singolarmente, ogni giorno, può arrivare quel gesto, quella parola, che rimarca il discrimine fra lecito ed illecito, giusto ed ingiusto, bene e male, fra l’umanità degradata e la cittadinanza responsabile. Una cittadinanza non ordinaria, una cittadinanza libera, perché attiva.


Un biglietto di una tra le tante vittime sconosciute, seppellito e ritrovato nei pressi dei crematori di Auschwitz, ammonisce e insegna ancora: «Sapete cosa è successo, non lo dimenticate, e tuttavia non saprete mai.»

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